Uno dei temi più discussi negli ultimi anni è quello sullo ius soli, principio in base al quale chiunque nasca nel territorio di una nazione possa avere diritto alla cittadinanza, anche se nato da genitori che non sono cittadini di quello Stato.
Il tema divide l’opinione pubblica, complice la crisi migratoria che coinvolge non solo il nostro Paese, ma anche tutta l’Europa: ci si domanda quali possano essere le conseguenze (legali e non solo) che comporterebbe l’approvazione di una legge che promuova lo ius soli in Italia.
Tuttavia pochi sanno che lo ius soli è contemplato nell’ordinamento Italiano, anche se solo in maniera residuale e in casi particolari.
Che cos’è lo “ius soli”?
Lo ius soli (dal latino “diritto del territorio”) è un’espressione giuridica che sancisce il diritto di poter acquisire la cittadinanza di un determinato Paese per il semplice fatto di esserci nati, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori.
Questo principio è applicato in Paesi come gli Stati Uniti, dove chiunque nasca in suolo Americano ha automaticamente diritto alla cittadinanza Statunitense, ma anche in Canada, Messico e in quasi tutto il Sud America (Brasile, Argentina, Venezuela, Perù, Bolivia, ecc.).
Esiste anche uno ius soli “temperato”, ovvero valido solo in determinate condizioni espressamente indicate dalla legge, condizioni che variano di Paese in Paese (di solito vincolate ad un periodo di permanenza dei genitori all’interno di ciascun Paese come immigrati regolari): esempi di Stati che applicano lo ius soli temperato sono l’Australia, la Grecia, il Regno Unito, la Spagna, Malta, Israele, la Nuova Zelanda, il Portogallo, e altri.
Lo “ius sanguinis”
Principio giuridico opposto allo ius soli è quello dello ius sanguinis (dal latino “diritto del sangue”), in base al quale si può acquisire la cittadinanza di un determinato Stato soltanto se i genitori (o altri ascendenti in linea diretta) sono già cittadini di quella nazione.
Solitamente non sono solo i figli naturali a beneficiare degli effetti dello ius sanguinis, ma questo si estende anche ai figli adottati; in ogni caso ogni Stato ha la propria disciplina e le proprie disposizioni in materia.
Moltissimi Paesi del mondo applicano lo ius sanguinis, come la Russia, la Cina, il Giappone, la Polonia, la Svezia, l’Ucraina, il Marocco e molti Stati dell’Unione Europea.
Tuttavia è importante notare che la presenza e l’applicazione di uno dei due principi giuridici non esclude automaticamente l’altro, e ci sono Paesi che applicano sia lo ius sanguinis che lo ius soli, come accade per esempio in Canada, Brasile, Stati Uniti.
Lo “ius culturae”
Un altro principio giuridico è quello dello ius culturae (dal latino “diritto della cultura”), che prevede la possibilità di ottenere la cittadinanza per gli stranieri nati e residenti in un Paese, che completano un ciclo di studi o che frequentano le scuole o corsi formativi equivalenti per un determinato numero di anni.
Secondo questo principio lo straniero che ha frequentato le scuole del Paese in cui è nato e cresciuto, ne impara e acquisisce la lingua, la cultura e le tradizioni, integrandosi completamente: per diventare cittadini di una nazione sarebbe quindi necessario conoscerla a fondo e sentirsi cittadini.
Lo ius soli in Italia
In Italia si applica lo ius sanguinis, quindi teoricamente per ottenere la cittadinanza Italiana sarebbe necessario che almeno uno dei genitori (o un ascendente in linea retta) sia cittadino Italiano, ma in realtà esistono altre condizioni per cui si può ottenere la cittadinanza.
Lo ius soli è previsto nell’ordinamento Italiano, ma in maniera residuale (viene cioè applicato in casi particolari e limitati).
La legge 91/1992, che regola la cittadinanza Italiana, stabilisce che lo ius soli possa essere applicato soltanto nei seguenti casi:
- per chi nasce in Italia da genitori ignoti o apolidi (articolo 1, comma 1, lettera b);
- per chi nasce in Italia ma non può acquisire la cittadinanza dei genitori in quanto la legge dello Stato di origine dei genitori non consente di acquisire la cittadinanza per il figlio nato all’estero (art.1, comma 1, lettera b);
- per i nati in Italia, abbandonati da genitori ignoti, e di cui non si possa dimostrare la cittadinanza di origine (art.1 comma 2).
Di conseguenza chi nasce in territorio Italiano senza rientrare in queste fattispecie non avrà diritto alla cittadinanza Italiana per effetto dello ius soli.
Tuttavia esistono altri modi, oltre allo ius soli e ius sangiunis, che permettono l’ottenimento della cittadinanza Italiana.
Legge 91/1992 sulla cittadinanza Italiana
Secondo la legge 91/1992 uno straniero può comunque richiedere e ottenere la cittadinanza Italiana se vengono soddisfatti determinati requisiti:
- essere stati dipendenti pubblici dello Stato per almeno 5 anni, anche se il servizio è stato svolto all’estero (art.9, lettera c);
- per i figli di genitori stranieri, che risiedono ininterrottamente in Italia fino ai 18 anni: la dichiarazione deve essere fatta entro il compimento del diciannovesimo anno d’età;
- dopo 10 anni di residenza legale in Italia, a patto di non avere precedenti penali ed avere adeguate risorse economiche; questo termine è ridotto a 3 anni per gli ex-cittadini Italiani e i loro discendenti; a 4 anni per i cittadini di altri stati UE e a 5 per i rifugiati politici e gli apolidi (articolo 9, lettere a, d, e, f);
- l’aver contratto matrimonio o un’unione civile con un cittadino Italiano, dopo 2 anni di residenza legale, o 3 anni di matrimonio (o unione civile) se residenti all’estero; i termini vengono dimezzati in presenza di figli, siano essi naturali o adottati, anche tramite stepchild adoption (comma 20 legge 76/2016);
- per Decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e dopo deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Interno, allo straniero che abbia reso eminenti servizi all’Italia o quando ricorre un eccezionale interesse dello Stato (articolo 9 comma 2).
In ogni caso, l’articolo 9.1 sancisce che l’ottenimento della cittadinanza Italiana è subordinato ad un’adeguata conoscenza della lingua Italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue, (QCER, che definisce il livello B1 come “padronanza intermedia”, cioè essere in grado di esprimersi con relativa disinvoltura nella vita di tutti i giorni, anche tramite concetti astratti).
Per poter ottenere l’attestazione QCER di conoscenza della lingua Italiana è necessario avere un titolo di studio rilasciato da un istituto pubblico o paritario in Italia, oppure munirsi di un certificato rilasciato da uno dei quattro enti certificatori ufficialmente riconosciuti (l’Università per stranieri di Siena, l’Università per stranieri di Perugia, l’Università Roma Tre oppure la Società Dante Alighieri).
Inoltre, in seguito alla sospensione della leva militare obbligatoria nel 2005, l’aver prestato servizio presso le Forze Armate non consente più l’ottenimento della cittadinanza.
Il dibattito sullo ius soli nell’opinione pubblica Italiana
Negli ultimi anni, come conseguenza della crisi migratoria, il dibattito sulla cittadinanza e lo ius soli si è fatto sempre più acceso, con una parte dell’opinione pubblica a favore dello ius soli, un’altra parte contraria, e posizioni intermedie a favore dello ius soli temperato o dello ius culturae.
Di seguito sono riportate alcune delle argomentazioni più comuni a favore di ogni corrente di pensiero.
Argomenti a favore dello ius soli e dello ius soli “temperato”
I sostenitori dello ius soli senza condizioni sostengono che si darebbe a coloro che nascono in Italia da genitori stranieri la possibilità di integrarsi meglio nella società, potendo godere appieno dei diritti civili, e di poter condurre in Italia una vita migliore di quella dei genitori.
Inoltre chi sostiene lo ius soli senza condizioni afferma che l’adozione di questo principio giuridico possa essere un rimedio contro il rallentamento della crescita demografica del Paese, favorendo l’aumento della popolazione.
I sostenitori dello ius soli temperato sostengono che per ottenere la cittadinanza sia necessario rispettare alcune condizioni, e bisogna concederla soltanto a chi sia davvero interessato a ottenerla e abbia i necessari requisiti: permanenza legale nel Paese da 5 anni, un reddito stabile e dignitoso, un alloggio e nessun precedente penale.
Ci sono moltissimi stranieri che arrivano in Italia soltanto per lavorare per alcuni anni, per poi tornare nelle loro nazioni d’origine e poter vivere in condizioni più dignitose grazie ai loro guadagni; altri invece (soprattutto i migranti provenienti dall’Africa) considerano l’Italia come un mero luogo di transito per poter raggiungere altre nazioni UE.
I figli di queste persone non trarrebbero alcun giovamento nell’ottenere la cittadinanza Italiana data dallo ius soli senza condizioni, dal momento che i genitori avrebbero scarso interesse a rimanere in Italia per periodi di tempo prolungati, e di conseguenza per i sostenitori dello ius soli temperato sono necessari requisiti più stringenti per ottenere la cittadinanza.
Argomenti a favore dello ius culturae
Chi sostiene lo ius culturae afferma che per poter essere considerati cittadini sia necessario conoscere la lingua, le tradizioni, la cultura, la storia, le istituzioni e le leggi Italiane, e per poter ottenere queste conoscenze non basta nascere e crescere in Italia, ma bisogna frequentare le scuole, che sono appositamente state create per formare i futuri cittadini: bisogna, in altre parole, integrarsi appieno nella società e “sentirsi Italiani”.
È necessario concludere almeno un ciclo di studi per poter conoscere appieno i meccanismi socio-culturali e giuridici dello Stato, e soltanto allora si potrà richiedere la cittadinanza.
Argomenti a favore delle leggi attuali (contro lo ius soli)
D’altro canto chi si oppone fermamente ad ogni tipo di ius soli afferma che la cittadinanza non è un regalo che si può fare a chiunque, ma che è una concessione che si fa a chi sia meritevole, abbia soggiornato a lungo nel nostro Paese e ne conosca a fondo la lingua, le istituzioni e le leggi, e in ogni caso bisogna privilegiare lo ius sanguinis.
Inoltre affermano che, vista la crisi migratoria in corso e la globalizzazione, l’approvazione dello ius soli porterebbe ad una vera e propria invasione, che culminerebbe nell’islamizzazione dell’Italia e dell’Europa, se non addirittura in una sostituzione etnica.
Da queste argomentazioni si capisce quanto il dibattito sia acceso nell’opinione pubblica Italiana.
Proprio in risposta alle richieste e alle preoccupazioni degli Italiani, e per trovare un punto di incontro tra tutte le parti, era stato proposto un disegno di legge che, se fosse stato approvato, avrebbe portato all’applicazione dello ius soli temperato e dello ius culturae.
La proposta di legge sullo ius soli e ius culturae del 2015
Già nel 2015 era stata approvata alla Camera una norma che prevedeva l’introduzione dello ius soli temperato e dello ius culturae, norma tuttavia mai approvata dal Senato, e di conseguenza bloccata, non promulgata e mai diventata legge.
Ma cosa comporterebbe nel concreto l’adozione di tutti questi principi giuridici da parte dell’Italia?
L’ introduzione dello ius soli senza condizioni (non previsto nel disegno di legge del 2015) estenderebbe a tutti coloro che nascono in Italia, indipendentemente dalla nazionalità dei genitori, la possibilità di richiedere la cittadinanza; di conseguenza non sarebbe più necessario soddisfare le stringenti condizioni della legge 91/1992 per ottenere la cittadinanza (genitori ignoti, apolidi, o la cui nazione non concede la cittadinanza per i figli nati all’estero).
L’ introduzione di uno ius soli temperato, come è stato proposto nel 2015, comporterebbe il rispetto di certe condizioni da parte dei genitori degli stranieri nati in Italia, ovvero risiedere legalmente da 5 anni in Italia.
Se i genitori non sono cittadini comunitari, si applicano altre tre condizioni:
- avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale;
- disporre di un alloggio adeguato e conforme alla legge;
- superare un test che valuti la conoscenza della lingua Italiana.
L’ assegnazione della cittadinanza non è un processo che avviene automaticamente, ma deve essere esplicitamente richiesta dai genitori. In ogni caso la cittadinanza verrebbe assegnata soltanto al figlio, e non verrebbe estesa ai genitori, che dovranno ottenerla in altri modi, qualora interessati.
Gli stranieri nati in Italia e che hanno vissuto ininterrottamente nel territorio nazionale per 18 anni hanno diritto a richiedere la cittadinanza entro il compimento del diciannovesimo anno.
Con lo ius culturae invece lo straniero nato in Italia o arrivato entro il dodicesimo anno di età potrà richiedere la cittadinanza se ha frequentato le scuole Italiane per almeno 5 anni e completato un ciclo di studi; se invece arriva in Italia tra i 12 e i 18 anni di età, allora per ottenere la cittadinanza dovrà aver risieduto nel Paese per 6 anni e superato un ciclo scolastico.
Frequentando le scuole quindi si avrebbe conoscenza della lingua, della storia, della cultura, della società, delle leggi e delle istituzioni, e si da per scontato che i cittadini abbiano queste conoscenze.
Il “decreto Salvini” in materia di cittadinanza
Il decreto legge 718/2018 (il cosiddetto “decreto Salvini”) ha reso più complicata la procedura di richiesta della cittadinanza, introducendo un esame detto “esame di naturalizzazione”, che contiene test linguistici, di cultura generale e storia, e sulle istituzioni e leggi Italiane, al fine di vedere se il richiedente si sia integrato nella nostra società e conosca le istituzioni e leggi Italiane: la mancata partecipazione o il fallimento dell’esame comportano il diniego della cittadinanza.
Test simili all’ “esame di naturalizzazione” sono usati negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Si potrebbe quindi affermare che come conseguenza del “decreto Salvini” nel nostro ordinamento sia in vigore una sorta di ius culturae, senza il quale non è possibile ottenere la cittadinanza, e infatti si hanno notizie di immigrati a cui è stata negata la cittadinanza per il fatto di non avere un livello linguistico sufficientemente alto.
Queste regole però non si applicano agli stranieri che possono richiedere la cittadinanza per effetto dello ius sanguinis (quindi discendenti diretti di altri cittadini Italiani); essi infatti non devono sostenere l’ “esame di naturalizzazione”.
Ius soli negli altri Paesi
In sintesi, lo ius soli nel nostro Paese è applicato solamente in via residuale, mentre il disegno di legge che introduce lo ius soli temperato e lo ius culturae è rimasto bloccato in Parlamento, senza possibilità di vedere la luce, almeno per il momento.
Molti altri Paesi applicano il principio dello lo ius soli, come ad esempio accade nel continente Americano.
Chiunque nasce negli Stati Uniti è cittadino Americano, a meno che non si tratti di figli di diplomatici.
Lo stesso principio vale per il Canada, il Brasile, l’Argentina ed altri.
Per quanto riguarda l’Europa, nel Regno Unito ha la cittadinanza chi nasce da un genitore munito di permesso di soggiorno permanente.
In Irlanda, se uno dei genitori ha risieduto nel Paese per almeno 3 anni, il figlio avrà la cittadinanza Irlandese.
In Francia i figli di stranieri residenti nel Paese (o se hanno avuto residenza per almeno 5 anni in Francia) ottengono automaticamente la cittadinanza una volta compiuti 18 anni.
In Germania vige lo ius soli temperato, e i figli degli stranieri residenti da 8 anni con permesso di soggiorno (o residenti da 3 anni con permesso di soggiorno permanente) possono avere la cittadinanza tedesca.
In Portogallo vige lo ius soli automatico alla terza generazione di immigrati.
In Grecia ottengono la cittadinanza i figli degli stranieri residenti da almeno 5 anni.
Malta prima del 2001 applicava uno ius soli senza condizioni; i bambini nati dopo questa data per ottenere la cittadinanza Maltese alla nascita devono avere almeno un genitore Maltese.
Si può quindi affermare che l’Italia applichi dei procedimenti più restrittivi nell’assegnazione della cittadinanza rispetto ad altri Paesi.
Quale il possibile futuro?
Dal momento che l’attuale Governo è composto da partiti conservatori o che comunque non sono a favore dello ius soli, difficilmente la proposta di legge del 2015 vedrà la luce durante l’attuale legislatura.
Bisogna considerare che la contrarietà allo ius soli è dovuta anche alla crisi migratoria.
Se in futuro questa crisi dovesse cessare, allora gli molte argomentazioni contrarie allo ius soli verrebbero meno, e di conseguenza l’adozione di tale principio giuridico sarebbe più probabile; se al contrario la crisi continuasse, o addirittura peggiorasse, l’adozione dello ius soli in Italia sarebbe improbabile.