Venerdì 29 marzo 2019 si è tenuto presso la Camera di Commercio di Sassari il convegno sulla violenza di genere, intitolato “Violenza di genere: aspetti giuridici e strumenti di tutela”.
Al convegno sono intervenuti:
- Daniela Scano, capocronista di Sassari de “La Nuova Sardegna”, in qualità di relatore;
- Rita Sechi, presidente dell’“Inner Wheel” di Porto Torres;
- Susanna Loriga, psicologa e criminologa;
- Susanna Testi, vicepresidente di “My Tutela”;
- Agostinangelo Marras, avvocato;
- Mario Oppes, responsabile del reparto di pronto soccorso e medicina d’urgenza dell’Ospedale Civile “SS. Annunziata” di Sassari.
Durante il convegno gli ospiti hanno espresso le loro opinioni ed esperienze nell’affrontare un problema endemico in tutto il nostro Paese come quello della violenza di genere.
Inoltre tra il pubblico erano presenti rappresentanti delle Forze dell’Ordine, delle Forze Armate (nello specifico della Brigata Sassari), e studenti del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Sassari.
Dopo una breve introduzione della relatrice Daniela Scano, la parola passa agli ospiti.
L’ associazione “Inner Wheel”
Il primo intervento è di Rita Sechi, presidente dell’associazione “Inner Wheel”, Organizzazione non Governativa femminile fondata durante la Prima Guerra mondiale dalle mogli dei membri del Rotary Club che erano stati mandati al fronte.
Nel suo breve intervento la dott.ssa Sechi descrive le mansioni e gli obiettivi dell’associazione, ovvero quella di aiutare i più bisognosi e i più deboli: donne, bambini, giovani e anziani, che vengono aiutati non solo economicamente, ma anche psicologicamente moralmente.
Quest’ associazione è da sempre impegnata nella lotta alla violenza di genere, e cerca sempre di dare quanto più supporto possibile alle vittime.
Meccanismi psicologici nella violenza di genere
Prima di passare la parola all’ospite successivo, la relatrice Daniela Scano esprime le proprie opinioni sulla violenza di genere, affermando che la lotta alla violenza di genere inizia dagli studi legali e dal lavoro svolto dagli avvocati in difesa delle vittime, ma ciò non basta: bisogna infatti fare prevenzione affrontando il tema della violenza domestica prima che avvengano i femminicidi, e non dopo.
Dopodiché interviene la dott.ssa Susanna Loriga, psicologa e criminologa, che espone i meccanismi psicologici che entrano in gioco durante le violenze.
La psicologa sostiene che le statistiche sommerse (ovvero i casi di violenza non denunciati) sono ancora alte, e ciò è dovuto alla paura provata dalle vittime.
È necessario fare prevenzione e informazione, per fare in modo che tutte le vittime di violenza abbiano il coraggio di denunciare i loro carnefici.
Quando si parla di violenza di genere, si fa riferimento non solo a quella fisica, che lascia i segni più evidenti, ma anche a quella psicologica, e si fa notare che la violenza psicologica non necessariamente sfocia in quella fisica, ma che quella fisica è sempre preceduta da quella psicologica.
Vengono quindi spiegati alcuni meccanismi e strategie messe in atto dai carnefici per sottomettere le loro vittime.
Solitamente il carnefice soffre di disturbo narcisistico della personalità, e se da un lato si dimostra una persona tranquilla, cortese e disponibile davanti a terzi estranei e in società, dall’altro si serve di vari meccanismi psicologici per sottomettere la vittima.
Primo tra tutti il “gaslighting”, che è un meccanismo subdolo di distorsione della realtà con cui il carnefice fa in modo che la vittima dubiti di se stessa, rendendola più fragile.
Un esempio di gaslighting è la frase (tratta da un caso veramente trattato dalla Loriga) “Cara, non è colpa tua se sei un po’ stupida, ci penso io”: la vittima viene denigrata di fronte ai presenti e fatta sentire in colpa per i propri errori (a volte inesistenti), mentre il carnefice si erge quasi ad una posizione di “eroe” o “salvatore” con la frase “ci penso io”.
Quello del gaslighting è un meccanismo sfruttato e subito da entrambi i sessi.
Un’altra tecnica usata è quella del “ghosting” (silenzio punitivo), con la quale il carnefice mantiene una distanza emotiva nei confronti della vittima, che si domanda se ha fatto o detto qualcosa che possa aver offeso il partner, dubitando quindi di se stessa.
Il ghosting è stato reso più semplice con l’avvento dei social network e le app di messaggistica istantanea (come Whatsapp): infatti la vittima cerca di comunicare con il partner tramite queste applicazioni, ma i messaggi vengono appositamente ignorati dal partner.
Un altro meccanismo è il “love bombing” (bombardamento amoroso), con il quale il carnefice letteralmente bombarda la vittima di amore e attenzioni, per riattrarla a sé e tenerla sottomessa.
Vi è quindi un circolo vizioso di ghosting e love bombing.
La dott.ssa Loriga parla quindi del comportamento delle vittime che raccontano delle violenze subite davanti alle Forze dell’Ordine, ai magistrati, agli psicologi e agli operatori dei centri antiviolenza.
Una parte fondamentale della comunicazione tra gli esseri umani è quella del linguaggio non verbale, espresso con gesti e movimenti inconsci di varie parti del corpo, linguaggio che ovviamente è usato dalle vittime di violenza e messo in moto dal loro subconscio, e questi meccanismi sono evidenti durante le loro testimonianze sulle violenze subite, dal momento che certi concetti espressi dal linguaggio verbale vengono subito smentiti da irrigidimenti e altri movimenti corporei: se da un lato, per paura o altri motivi, la coscienza impedisce alla vittima di mettere alla luce certi dettagli, dall’altro il subconscio fa sì che il corpo e i muscoli emettano grida d’aiuto.
Infine, la dott.ssa Loriga conclude affermando che per poter fermare le violenze è necessario fare prevenzione sin dalla tenera età, col coinvolgimento di famiglie e insegnanti, con l’insegnamento dell’educazione relazionale. È importante insegnare alle future generazioni ad avere sia rispetto di se che rispetto per il prossimo.
My Tutela: strumento contro il bullismo e le violenze
Dopo l’intervento della dott.ssa Loriga è il turno di Susanna Testi, co-fondatrice di “My Tutela”, in sostituzione all’amministratore delegato Marco Calonzi, che non ha potuto partecipare al convegno.
La dott.ssa Testi espone le vicende che hanno portato alla creazione dell’app “My Tutela”.
L’ idea è nata nel 2013, durante una sua esperienza lavorativa negli Stati Uniti in un campus per adolescenti dove era assente la connessione Internet; ciononostante i ragazzi riuscivano comunque a mettere in atto episodi di cyber bullismo, condividendo foto denigratorie tramite Bluetooth (che non necessita di connessione internet).
Lo scopo dell’app è quella di conservare dati che provino le violenze subite dalle vittime, dando loro la possibilità di salvare su un cloud (cioè in un server su Internet) immagini, messaggi e conversazioni telefoniche associate al numero di cellulare del carnefice, il che significa che in caso di cancellazione dei dati sul dispositivo, smarrimento o distruzione del cellulare della vittima, i dati saranno sempre accessibili dalle Forze dell’Ordine.
L’app è dotata di un algoritmo che certifica che i dati non sono stati manipolati in alcun modo (detto “salvataggio in modalità forense”), rendendo quindi schiaccianti le prove in caso di processo.
Si sta lavorando ad una versione dell’applicazione per i professionisti (Forze dell’Ordine, psicologi, operatori dei centri antiviolenza) per poter offrire maggior tutela alle vittime.
Oltre ad aiutare le vittime a raccogliere prove delle violenze subite, l’app permette anche di facilitare la denuncia, facendo risparmiare tempo e denaro sia alle vittime che alla giustizia.
Per il momento My Tutela è disponibile solo per Android, ma è in corso lo sviluppo anche di una versione per dispositivi Apple.
La violenza di genere dal punto di vista legale
L’ ospite successivo è l’avvocato Agostinangelo Marras, che descrive gli aspetti legali della violenza di genere, che inizia il proprio intervento affermando che la lotta a questo fenomeno, purtroppo endemico nel nostro Paese, inizia dalla prevenzione fatta in famiglia.
Dopodiché espone le leggi e gli aspetti legislativi che regolano la materia.
Fino al 2009 le violenze sulle donne rientravano nella fattispecie dei “maltrattamenti”, anche se queste sfociavano tragicamente nell’omicidio; tuttavia i legislatori si sono resi conto che la normativa in merito necessitava di un cambiamento, ed è stata introdotta nel nostro ordinamento la fattispecie degli “atti persecutori”.
La differenza tra le due fattispecie, spiega l’avvocato, è che i maltrattamenti non comportano sostanziali cambiamenti nelle abitudini e nella vita delle vittime, cosa che invece accade nel caso degli atti persecutori.
“La parola coraggio”, continua Marras, “non deve essere associata alla donna che presenta denuncia contro un compagno violento: non deve essere considerato “coraggio” quella che invece dovrebbe essere la normalità”.
Esistono presso le Questure degli uffici creati appositamente per contrastare la violenza di genere, che adottano vari strumenti deterrenti contro i partner violenti, come ad esempio intimazioni a cessare la propria condotta, allontanamento dalla dimora coniugale ed ordini restrittivi; inoltre a chi si macchia di reati legati alla violenza di genere la cui pena sia superiore ai due anni, sono negate le misure alternative alla carcerazione.
Ciononostante molte volte questi mezzi sono insufficienti a fermare i carnefici.
L’avvocato Marras ribadisce che per arginare il fenomeno della violenza di genere è necessario fare prevenzione, partendo dalle famiglie, che a volte fanno l’errore di essere troppo protettive nei confronti dei figli quando vengono sanzionati dagli insegnanti per i loro comportamenti scorretti.
“Un genitore che difende sempre a spada tratta i propri figli anche quando sbagliano, arrivando addirittura ad aggredire fisicamente gli insegnanti che li rimproverano è dannoso per i figli, in quanto così facendo sono portati a credere che tutto sia loro permesso, comprese le violenze nei confronti degli altri” conclude l’avvocato.
Un fenomeno radicato nella cultura Italiana
La relatrice Daniela Scano sottolinea che la violenza contro le donne è un elemento radicato nella nostra cultura, dal momento che erano previsti nell’ordinamento Italiano fattispecie come il delitto d’onore, il matrimonio riparatore, ma anche per il fatto che la denuncia di un partner violento da parte della donna maltrattata era considerata un disonore.
Il radicamento del fenomeno nella nostra cultura è testimoniato anche dalle parole del Ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Buongiorno, che in un suo recente tweet ha definito “isterica” una donna che sporge denuncia quando non si trova in situazione di pericolo.
“È un semplice lapsus, ma comunque un’uscita infelice” afferma Scano, “se si considera che il Ministro ha fondato una Onlus per le donne vittime di violenza, assieme all’attrice Michelle Hunziker”.
Conclude affermando che non c’è stato un sostanziale aumento dei casi di violenza contro le donne, ma si ha molta più sensibilità su questo argomento, si fa molta più informazione e di conseguenza i casi sono più documentati e le denunce sono aumentate.
Il pronto soccorso in prima linea contro la violenza
Il dott. Mario Oppes, responsabile del reparto di pronto soccorso e medicina d’urgenza dell’Ospedale Civile “SS. Annunziata” di Sassari porta la sua testimonianza sul lavoro prestato in aiuto delle vittime di violenza.
Oppes sostiene che molte volte le vittime sostengono di essersi procurate in maniera accidentale delle lesioni chiaramente causate da una persona in maniera violenta e premeditata.
Per contrastare il fenomeno della violenza di genere, l’Azienda Ospedaliera cerca di favorire le vittime nello sporgere denuncia, evitando di rimandarle a casa (dove sarebbero in pericolo) una volta guarite dalle lesioni, ma tenendole sotto osservazione.
Quindi anche il pronto soccorso è uno dei luoghi in cui una donna vittima di violenza può essere accolta e trovare rifugio.
Breve dibattito
Dopo aver condiviso i propri punti di vista e le proprie esperienze, gli ospiti hanno risposto alle domande del pubblico.
Viene chiesto alla dott.ssa Loriga di tracciare un profilo psicologico tipico della persona violenta.
In tutta risposta, la psicologa sostiene che generalmente si tratta di persone narcisiste e senza empatia, che raramente presentano disturbi psichiatrici, ma che hanno scarso controllo sui propri impulsi; tuttavia i profili psicologici devono essere analizzati caso per caso.
In seguito uno spettatore si domanda quali siano le cause di sviluppo degli improvvisi raptus omicidi.
La giornalista Daniela Scano sostiene a riguardo che “i raptus non esistono, ma le violenze sono premeditate”. Fa poi riferimento a due lettere pubblicate ne “La Nuova Sardegna”, scritte da due mariti incarcerati per aver ucciso le mogli, dalle quali non solo non emerge alcun pentimento o senso di colpa per il crimine commesso, né viene fatta alcuna menzione dei figli, ma addirittura si scagliano contro i giornali, accusandoli di aver appositamente distorto la propria immagine, di averli messi in cattiva luce e di non aver capito le loro motivazioni.
Sull’inesistenza dei raptus l’avvocato Marras è d’accordo con la giornalista, sostenendo anch’egli che le violenze sono sempre premeditate, e non improvvise.
Quindi è giusto punire chi si macchia di un crimine, ma bisogna ricordare che la giustizia non è mera retribuzione (punizione), ma anche rieducazione del condannato, secondo quanto stabilito dall’articolo 27 della Costituzione.
La dott.ssa Loriga aggiunge che la rieducazione è un processo che deve partire dal condannato, che nella sua coscienza deve capire di aver sbagliato, iniziando un percorso di rieducazione.
La psicologa conclude sostenendo che uno dei modi in cui fermare la violenza di genere è quello di sviluppare un senso di solidarietà femminile, dal momento che le prime a scagliarsi contro le vittime di violenza sono proprio le altre donne, che hanno molto spesso dei comportamenti di “victim-blaming” (cioè attribuiscono la colpa della violenza alla vittima, ad esempio con commenti su com’era vestita quando ha subito la violenza).
Conclude il convegno la relatrice Daniela Scano, che ringrazia gli ospiti, e i rappresentanti delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate presenti in sala, ricordando al pubblico che sono sempre in prima linea nella lotta alla violenza di genere.
Nota conclusiva
Purtroppo, al momento della pubblicazione di questo articolo, sono stati commessi altri due femminicidi, in provincia di Enna e in provincia di Nuoro. Il fenomeno è endemico in tutto il Paese, ma ci si auspica che la lotta alla violenza di genere continui, per far sì che simili episodi non si ripetano mai più.